Questo lunedì voglio leggere cosa c’è di nuovo nelle notizie dopo il Settembre Pratese, le vicende sulla Sasch e le varie comedie humaine pratesi che hanno sempre e comunque un unico obiettivo: il sindaco Roberto Cenni. Però invece di focalizzare l’attenzione sulle singole questioni, mi soffermo sul quel filo continuo, quella linea di fuoco a volte sommaria a volte sommessa di talune testate giornalistiche e di taluni giornalisti, che ci vogliono propinare un certo tipo di verità assoluta. La verità assoluta però non esiste e non può essere raggiunta da nessun essere umano e quindi, specie nel caso dei giornalisti, bisognerebbe auto-imporsi il concetto di obiettività invece che palesi omissioni meschine.
Scrivendo dell’evento di «Visionaria» e di tutte le manifestazioni legate al Settembre Pratese prima, e la precisione cronometrica nel raccontare le vicende Sasch con la relazione di parte della sentenza stampate a caratteli cubitali dopo, si evince un modo di fare giornalismo corrotto da un vizio di fondo, che riconduce sempre notizie a senso unico.E allora come fare? Si vuole forse limitarsi a esporre i fatti cosi come sono riportati oppure far sfoggio di un indifferenza glaciale senza un giudizio? Non credo sia possibile né l’una e né l’altra, perchè resta da vedere cosa si intende nel precisare “cosi come sono riportati” cercando nel contempo, di equiparare tutto e tutti sullo stesso piano tutti quei princìpi che aiutano a migliorare l’uomo e nel contempo fare abiura conscia di questi stessi princìpi! Tutto questo induce a credere che in tanti articoli di giornale sia difficile rintracciare la tensione all’obiettività o alla sua conseguenza positiva: l’imparzialità. Invece vediamo parzialità talmente evidenti da parte di questi giornalisti dimezzati da minare l’imprescindibile rapporto di fiducia coi lettori, instillando il dubbio di essere a libro paga anche con la coscienza quando si insiste sul focalizzare sempre e comunque il contrario perfino delle cose buone, trasformando la notizia in uno scritto distorto e da “regime ideologico” di stampo fattoquotidianistico.
Dovrebbe ormai essere assodato che l’imparzialità giornalistica è una chimera, perché pur volendo preservare i sacri principi dell’onestà intellettuale, la lettura della realtà così com’è dovrà  inevitabilmente passare il filtro di pregiudizi, sentimenti, convinzioni personali e soprattutto l’impronta editoriale-politica dell’editore.
Per questo vengono evidenziate cose e mascherate o taciute altre. Questi stessi giornalisti accondiscendenti e indolenti che non approfondiscono e non articolano, se non in maniera sommessa e blanda, quelle inchieste e denunce portate avanti da questa Amministrazione. E allora….si tace sulle precedenti abnormi spese per il luna park costate quanto «Visionaria»; si tralasciano particolari soggettivi e importanti nell’iter giudiziario della Sasch pur di attaccare sempre e comunque la figura del sindaco-imprenditore; si stende un velo sui vecchi metodi e sui vecchi bilanci del CSN che sono al vaglio della Corte dei Conti e della procura per la negligenza gestionale di un padre-padrone e di un assente CdA; si glissa sulla sospensione dei famigerati Swap, che si son rivelati strumenti di strozzinaggio finanziario vero e proprio; non si articola nei dovuti particolari quei soldi spesi in quel progetto infinito che è il CREAF; non si racconta la storia di quella stima di 43 milioni di euro che scelleratamente sono stati promessi e sottoscritti con la Regione per il riacquisto dell’area del Misericordia e Dolce; non si scrivono caratteri cubitali a tutta pagina per la sentenza di condanna di AGCM ai danni del Consiag per la sua posizione eminente nella fornitura del gas senza mai una gara d’appalto; non si interrogano i procuratori della Repubblica circa quella famosa lettera inviata ai sindaci soci di Consiag, dove è palese l’intento di boicottare il Comune di Prato; si omette di ricordare che esiste un Parco della Piana che cozza violentemente sull’ipotesi di ampliamento di Peretola……ma tutto si tace, tutto si acquieta, tutto si cela, agli occhi dei lettori, coperto da una caligine di ipocrisia.
Un giornalismo ideologico che purtroppo persiste e che andrebbe spazzato via da un professionale repulisti di coscienze e con una rivoluzione semantica per tornare alle parole vere. Proprio le vecchie care parole per cui si poteva dire pane al pane e coglione al coglione. Il partito-azienda che ha governato Prato negli ultimi venti anni ha vissuto proprio di questo: di un perpetuato saccheggio semasiologico con la complicità di certi giornalisti, per nascondere o attenuare tutti gli scandali e tutte le ruberie di un famigerato patto di titanio.
Certo, non necessariamente  tutta la categoria è guasta, perché quelli che dobbiamo evitare non sono i giornalisti di parte, ideologici, parziali ma seri preparati e soprattutto documentati su quello che scrivono. Quelli che dobbiamo evitare sono gli zerbini. Sia quelli schierati acriticamente che prendono lo stipendio per fare da megafono alla propaganda di qualcuno ma, soprattutto, quelli che subdolamente s’atteggiano a imparziali essendo in realtà solo amorfi leccapiedi senza idee, in preda a una sorta di fallacesca ipertrofia dell’io, sempre pronti a soddisfare qualche segreteria di partito prima che il lettore.
Nessuno di questa categoria di giornalisti conosce il codice deontologico delle testate aderenti alla grande Associated Press che impone di riportare le notizie “presentate in un contesto storico e fattuale adeguato ad assicurare l’offerta di un quadro imparziale ed accurato”. Imparzialità dunque non è obbiettività, perchè ognuno di noi ha un punto di vista che puo influenzarci, non è rinunciare alle proprie idee e convinzioni, è semplicemente un obbligo che il giornalista assume con se stesso e con i suoi fruitori di non esibire i suoi sentimenti nella presentazione della notizia.
A questi, consiglio di leggere il bellissimo libro di David S. Broder, uno dei pilastri del giornalismo, premio Pulitzer e columnist del Washington Post, dal titolo Behind the Front Page e soffermarsi su questa frase particolare: i giornalisti non rinunciano ai propri diritti ma ne sospendono temporaneamente l’esercizio.
Una cosa che, purtroppo, certi scribacchini che si definiscono giornalisti hanno dimenticato.